Sabato 11 novembre ho avuto il piacere di partecipare all’incontro intitolato “Nascita e contatto” organizzato a Santorso dall’associazione no profit Coccola di Mamma. L’incontro prevedeva l’intervento di Esther Weber, fondatrice di Portare i Piccoli, una delle associazioni di babywearing più importanti in Italia, e Michel Odent, uno degli esperti mondiali di fisiologia del parto.
Un’occasione davvero unica per assistere agli interventi di questi due esperti, organizzata in maniera puntuale e delicata, come solo chi si occupa di donne e parto sa fare. L’atmosfera che si respirava all’interno del teatro era carica di amore e rumori dolci di bambini, che hanno accompagnato tutta la conferenza che è stata davvero interessante e mi ha permesso di riflettere su molti aspetti, soprattutto del portare, su cui non mi ero mai soffermata.
Il portare, come più volte ho avuto modo di raccontare fra queste pagine, è stato per me una dolcissima scoperta che mi ha permesso di creare un legame esclusivo con mio figlio che va ben oltre il contatto fisico. Voglio, e mi piace pensare, che tutto quello che ho studiato sul portare i bambini si traduca davvero in fiducia negli altri e in sè stessi, caratteristiche che spero mio figlio interiorizzi per diventare un giovane ed un adulto conscio delle sue potenzialità e sicuro di aver una famiglia che lo sostiene e lo accoglie, senza soffocare le sue aspettative e i suoi sogni ma accompagnandolo in quel percorso che chiamiamo vita.
L’intervento di Esther Weber è stato molto dolce e delicato, come del resto è lei, e ha permesso di approfondire alcune tematiche legate non solo al portare ma anche al vissuto delle mamme e papà che scelgono il babywearing. In particolare ci sono stati alcuni passaggi che mi hanno davvero emozionata che, ovviamente, voglio riportarvi per condividere con voi questa bella esperienza.
Per chi porta il proprio figlio uno dei primi passaggi difficoltosi, perlomeno lo è stato per me, è il passaggio dalla posizione cuore a cuore alla schiena. Per me è stata dura, non vedere il mio bimbo, non poterlo controllare e vedere le sue espressioni mi sembrava davvero un ostacolo insormontabile. Complice del fatto che lui è sempre stato mingherlino ho potuto portarlo cuore . a cuore per molto tempo, pur avendo fatto una consulenza per portarlo dietro. Poi la mi schiena, e le lunghe passeggiate in montagna, mi ha imposto il passaggio dietro è l’esperienza di contatto ha assunto un altro significato: quello di sentire. sentire il suo respiro, sentire le sue emozioni, sentire la sua gioia nello scoprire il mondo. Si traduce quindi in un esercizio di ascolto profondo che fa parte di quell’intenso legame che lega madre e figlio fin dal concepimento.
Esther ha sintetizzato così la posizione sulla schiena:
“Io [mamma] vado avanti e tu mi segui. Io filtro per te ma ti do la possibilità di vedere e conoscere il mondo, figlio mio”
Un altro passaggio secondo me molto importante è stato quello legato al telo, ossia la fascia. La fascia è un pezzo di stoffa che si plasma sul nostro corpo e quello di nostro figlio, è un legame, che possiamo chiamare binding. Per il bambino è importante come viene legato il telo, non quanto ci è costato o quanti ne abbiamo.
Qui, secondo me, Esther ha toccato un punto dolente perchè, chi bazzica online nel mondo del babywearing lo sa ben, anche questo mondo vede molte interferenze consumistiche nel senso che sempre più mamme tendono a comprare molte fasce anche molto costose senza rendersi conto che non è la fascia in sè l’importante. E’ importante invece come viene usata e come si plasma sui nostro corpi per andare a creare un legame profondo ed indissolubile.
La fascia E’ il legame
Un altro argomento che per me è stato davvero importante è stato quello legato all’amore. Tutte le mamme amano i propri figli ma è anche vero che molte volte ci troviamo ad essere spaventate da quello che porta con sè un bambino. Lasciarsi andare all’amore totalizzante di un figlio non è semplice per donne che, come succede oggi, hanno una vita intensa e piena di attività.
Ma è invece proprio l’amore che può cambiarci la vita.
Il rimpianto di non aver vissuto l’amore fino in fondo è peggio del dolore stesso
Ma la frase che, tra tutte, è stata per me oserei dire illuminante è stata:
Siamo una generazione di sopravvissuti al basso, bassissimo contatto.
Su questa frase, con la consapevolezza di un figlio per il quale ho scelto una strada completamente diversa da quella intrapresa dai miei genitori (non per loro colpa ma purtroppo la mia generazione nella maggior parte dei casi è stata cresciuta così) gli occhi mi si sono riempiti di lacrime. Non per un eccesso di sensibilità, ma perchè il mestiere di mamma è il più difficile e scegliere una strada opposta a quella che si è vissuta richiede molta energia, e il portare stanca ma è forse l’esperienza più appagante che abbia mai vissuto.
Dopo l’intervento di Esther Weber la conferenza è continuata con Michel Odent, luminare della fisiologia del parto che ha affrontato in maniera molto più scientifica la condizione della donna al momento della nascita di un figlio e come sia importante il contatto.
Per approfondire le sue tematiche, che sicuramente io non saprei riportare al meglio vista la mia inesperienza nel trattare tematiche scientifiche vi consiglio il suo libro Abbracciamolo Subito!
Al suo interno troverete tantissime interessanti informazioni sul parto e post parto.
Per conoscere meglio Esther Weber consultate Portare i Piccoli o leggete il suo libro che si intitola sempre Portare i Piccoli