Vestiti a basso costo, che inganno!
Sto leggendo il libro “Siete pazzi ad indossarlo” di Elizabeth Cline, libro che vi consiglio di leggere, e di pari passo sto procedendo alle pulizie di primavera di casa con relativo decluttering. Per ora la parte che m ha portato via più tempo è stato proprio l’armadio che, nel mio caso, si struttura in una stanza dedicata (piccola) e una cassettiera in camera da letto per me e mio marito. Tralasciando l’armadio di mio figlio, che essendo un bambino ha un ricambio di vestiti molto più alto di noi adulti (se vi interessa questo argomento trovate informazioni utili qui e qui) ho preso spunto da ciò che sto leggendo nel libro per sfoltire notevolmente il mio armadio.
In realtà un grosso decluttering lo avevo già fatto lo scorso anno ma avevo ancora troppi vestiti essendo una persona che conserva praticamente tutto e avendo un passato di acquisti low cost che io reputavo normali ma che vedendo il risultato posso definire abbastanza patologici.
Perchè definisco la condizione del mio armadio problematica?
Per prima cosa penso di non essere l’unica ad avere un armadio pieno di vestiti a basso costo ma per me questo era diventato un vero e proprio problema perchè ormai i miei armadi erano ridotti a contenitori su contenitori di vestiti che non indossavo più da anni che conservavo come motivazione per dimagrire (sigh) o perchè mi piacevano. Ma soprattutto la maggior parte erano vestiti a basso costo delle varie catene di fast fashion (in particolare H&M) che purtroppo producono abiti di bassa qualità, soprattutto quelli più recenti (secondo me nel corso degli anni la qualità dei vestiti è nettamente peggiorata) che hanno una scadenza che si misura in lavaggi.
Pensare che un vestito possa essere acquistato per poi essere abbandonato dopo 2 o 3 utilizzi è personalmente un’idea che mi sconvolge e mi sconvolge ancor di più pensare che l’ho fatto per anni, lavandomi la coscienza gettandoli nei bidoni per la beneficienza come se veramente ci fosse qualcuno disposto ad indossare abiti ormai giunti alla fine della loro vita.
Non sono mai stata una brand addicted reputandolo uno spreco di soldi, come molti della mia generazione. Ma questa filosofia dei boicottaggio dei grandi brand, nel mio caso, ha portato ad un accumulo di vestiti informe e inutilizzabile.
Come ho realizzato il mio decluttering totale
Non ho usato metodi alla Marie Kondo, ovvero non ho pensato a vestiti che mi dessero gioia perchè anche i ricordi danno gioia e molti vestiti lo erano, ma sono andata a tempo. Mi sono semplicemente chiesta da quanto non indossassi quel capo, se la risposta era più di due anni il capo è stato eliminato. Mi sono accorta che alcuni vestiti non li avevo nemmeno mai indossati perchè di taglia errata o perchè frutto di un acquisto di impulso, quello che ora non fa decisamente più parte della mia vita.
Ovviamente non ho eliminato tutto ciò che possedevo in fatto di vestiti a basso costo, ciò che rimane verrà sfruttato fino in fondo per poi trovare una nuova strada.
Come eliminare tutti i vestiti che non vogliamo più nel nostro armadio? Ecco come sto facendo io.
Io per prima cosa ho scremato tra abiti che potevano essere utilizzati ancora e abiti giunti al loro fine vita. Questi ultimi sono stati gettati o, se possibile, sono diventati stracci per pulire. Ho generato dei rifiuti ma non avevo altra scelta e la mia accuratezza nei prossimi acquisti sarà volta anche a questo.
Tra quelli che potevano essere ancora usati ho fatto un passaparola per sapere se qualcuno voleva vederli e ne ho smaltiti ancora fra amiche e parenti (non serve essere schizzinosi in questo contesto, credo che sia necessario far rientrare in circolo quello che possediamo per dar nuova vita). I restanti sono su depop (una app per vendita dell’usato) e ci rimarranno fino ad un certo punto quando verranno eliminati attraverso un progetto che seguo che dona vestiti a donne in situazioni di protezione e a progetti che li usano per migranti. Sia chiaro che questi ultimi sono vestiti che possono ancora essere usati e che sarebbe davvero uno spreco far diventare spazzatura senza dar loro una possibilità.
Per quanto mi riguarda credo che lavarsi la coscienza donando vestiti inutilizzabili, sporchi e rotti per non buttarli valga come nascondere gli occhi davanti ad una catastrofe come quella ambientale che ci troviamo a vivere.
Qual’è la mia soluzione?
Sono onesta, non credo smetterò di acquistare vestiti per tutta la vita, anche se la quantità residua di abiti nel mio armadio me lo permetterebbe. Ma farò molta più attenzione agli acquisti. Innanzitutto ho definitivamente chiuso con le grandi catene di fast fashion, è da gennaio che non acquisto nulla (nemmeno per il piccolo per il quale fortunatamente ho molti amici che mi donano i loro vestiti in ottime condizioni) e credo riuscirò a tenere fede a questo proposito per molto tempo ancora. Poi per ogni vestito che entrerà uno uscirà per avere una nuova vita.
In secondo luogo prenderò in considerazione solo vestiti di seconda mano o di brand eco sostenibili come People Tree, Thoughts, Finisterre, Armed Angels, Cora Happywear che per ora sono quelli che più mi piacciono. Il loro costo non mi spaventa come mi avrebbe spaventato anni fa: non sto pagando il brand sto pagando le persone che lavorano, e lavorano bene, per un prodotto che rappresenta un investimento, non un acquisto usa e getta.
Ho ancora molte cose da dire sulla moda sostenibile, quindi a breve scriverò altri post sull’argomento che vi assicuro, riguarda davvero tutti.
Photo by:
Shanna Camilleri